sabato 19 settembre 2020

Incontri tra Mussolini e Hitler

Sono stati diciassette gli incontri tra Hitler e Mussolini. Questo risulta da molte fonti, ma da nessuna parte sono riuscito a trovarne l'elenco completo, pertanto mi sono messo a ricostruirlo. Questa lista è l'esito, ovviamente perfettibile, delle mie ricerche effettuate in rete e sui giornali dell'epoca (in particolare il Corriere della Sera e La Stampa).

N Inizio Fine Luoghi Note
1 14/06/1934 16/06/1934 Venezia, Stra
2 25/09/1937 29/09/1937 Monaco, Meclemburgo, Essen, Berlino
3 03/05/1938 10/05/1938 Roma, Napoli, Firenza
4 29/09/1938 29/09/1938 Kufstein, Monaco
5 18/03/1940 18/03/1940 Brennero
6 18/06/1940 18/06/1940 Monaco
7 04/10/1940 04/10/1940 Brennero
8 28/10/1940 28/10/1940 Firenze
9 19/01/1941 20/01/1941 Berchtesgaden (Berghof) 
10 02/06/1941 02/06/1941 Brennero
11 25/08/1941 29/08/1941 Rastenburg (Tana del Lupo)
12 29/04/1942 30/04/1942 Klessheim (Salisburgo)
13 07/04/1943 10/04/1943 Klessheim (Salisburgo)
14 19/07/1943 19/07/1943 Belluno (San Fermo)"incontro di Feltre"
15    14/09/194314/09/1943Rastenburg (Tana del Lupo)
16 22/04/1944 23/04/1944 Klessheim (Salisburgo)
17 20/07/1944 20/07/1944 Rastenburg (Tana del Lupo)

1. Venezia, Stra. I due dittatori criminali (all'epoca venivano enfaticamente indicati dai media come "i due Condottieri") si incontrano per la prima volta in assoluto, verso le 10:00 di giovedì 14 giugno del 1934 all'aeroporto di Venezia-Lido (all'epoca "San Nicolò", attualmente "Giovanni Nicelli"). Hitler arriva in aereo e Mussolini va ad accoglierlo. Dal Lido i due raggiungono Venezia, dove Hitler scende in albergo (il Grand Hotel) per poi ripartire alle 12:00 alla volta di Villa Pisani a Stra (VE). Dopo la colazione (pranzo) i due avranno più di due ore di colloqui prima di ripartire alle 16:35 per Venezia. Mussolini visita la Biennale, mentre Hitler fa un "rapido giro tra i canali" e si sofferma in particolare sul monumento a Bartolomeo Colleoni.
Alle 18:30 Mussolini fa visita a Hitler al Grand Hotel. Per il concerto nel cortile di Palazzo Ducale Mussolini arriva alle 21:50 e poco dopo sopraggiunge anche Hitler. Lo spettacolo finisce alle 23:30. Il giorno successivo, venerdì 15, per passare in rassegna le forze fasciste in piazza San Marco, Hitler arriva alle 8:55 Mussolini poco dopo. Finita la rassegna, Mussolini rientra a Palazzo Reale per raggiungere la riva dei Giardini Reali da dove si imbarca per visitare le unità della Marina da guerra ancorate nel bacino di San Marco, in particolare il cacciatorpediniere Sauro da cui scende alle 11:30. 
Nel frattempo Hitler visita la Biennale (in particolare il padiglione tedesco e italiano). I due faranno poi colazione (pranzo) agli Alberoni (Lido) a mezzogiorno. Seguono due ore e un quarto di colloqui "per la campagna solitaria intorno". Alle 18:00 discorso di Mussolini in piazza San Marco con citazioni di Hitler che ascolta dalle Procuratie nuove. La sera Hitler offre un "pranzo" (cena) a cui fa seguito un ricevimento all'Hotel Excelsior Hotel (al Lido). Sabato 16 Hitler visita "assai di buon'ora San Marco" (La Stampa) "Alle 6:30 era già in piedi" (Corriere) poi ritorna in albergo. Alle 7:55 s'imbarca per il Lido dove arriva alle "8,5" (sic: le 8:30?). All'aeroporto si incontra con Mussolini (arrivato alle 7:40) e riparte.

martedì 16 giugno 2020

Covid-19: che dati ci date? - Intervista ad Andrea Borruso presidente di onData


Questa sostanziosa intervista sull’epidemia di Covid-19 ad Andrea Borruso, presidente di onData (associazione di promozione sociale per la trasparenza dei dati pubblici) ha due obiettivi fondamentali: 1) il primo è quello di passare in rassegna i dati rilasciati dalle istituzioni destinati al pubblico e quindi di esprimere un giudizio su quantità, qualità, dettaglio e tempestività di questi dati; 2) il secondo è cercare di capire, da questi dati, cosa sta succedendo oggi in Italia in particolare in Lombardia. 

Siamo infatti in un momento particolare in cui i numeri del contagio appaiono sotto controllo in tutto il resto d’Italia, ma non in Lombardia. I pochi casi significativi nel resto d’Italia hanno numeri assoluti piuttosto bassi e sono tutti riconducibili a focolai specifici di cui sappiamo quasi “nome e cognome” (vedi Roma San Raffaele/Pisana e da lì Saxa Rubra, uno stabile della Garbatella, prima un funerale in Molise ecc.) e sono stati affrontati con una reattività pari al dettaglio dei dati. 

Al contrario in Lombardia abbiamo numeri, anche di nuovi contagi, significativamente più alti, ma di cui sappiamo pochissimo eppure l’allarme delle istituzioni è di gran lunga inferiore. Il 9 giugno a pag. 8 del Corriere della Sera Chi sono i nuovi contagiati (di Silvia Turin) l’epidemiologo dell’Ats di Milano Vittorio Demicheli ci spiegava che a inizio giugno “il 5% dei casi sono venuti dalle Rsa, il 3% dagli operatori sanitari, il 10% dai test sierologici positivi e l’82% sono civili (...) in gran parte (...) dovrebbero essere contagi di origine familiare”, il 14 giugno a pag. 2 de La Repubblica-Milano Gori “Nuovi contagiati ma da infezioni vecchie” di Brunella Giovara Andrea Gori, ordinario di malattie infettive al Policlinico di Milano afferma: “Non si tratta di nuove infezioni” ma probabilmente “‘code’ di precedenti infezioni”. Il 16 giugno, sul Corriere, a pag. 13, In Lombardia l’85% dei casi di Sara Bettoni ancora Vittorio Demicheli, ci porta un dato completamente diverso da quello del giorno 9, ma vuole essere sempre rassicurante sui 259 casi lombardi (sul 303 totali in Italia): “Si tratta per metà di casi vecchi relativi a focolai residenze per anziani oppure a operatori sanitari e socio-sanitari [ma se erano il 3% e il 5% nell’intervista del 9 giugno, come fanno ora a essere il 50%! n.d.r], su cui si fa ricerca attiva. E poi ci sono i positivi emersi dai test sierologici, spesso con sintomi lievi, in cui l’infezione non è recente”. Giustamente la giornalista fa notare che non si capisce il motivo per cui debbano fare più “rumore” i 79 ricoverati di Pechino dei 259 in Lombardia.


Certo non aiuta l’opinione pubblica il fatto che queste percentuali citate sui nuovi casi, ad esempio dall’epidemiologo Demicheli dell’Ats di Milano, siano forse raccolte, ma certamente comunicate in modo poco sistematico e occasionale. Così come la dichiarazione dell’assessore al Welfare della Regione Lombardia del 15 giugno in cui molti dei nuovi positivi erano definiti “debolmente” positivi, riporta qualcosa che esiste davvero tra gli esiti dei tamponi (esistono davvero tamponi “debolmente positivi”), ma introduce un campo nuovo, una nuova colonna dei dati, che non era mai stata presa in considerazione: ovvero il livello di positività, rendendo il dato di quel giorno non paragonabile con quello dei giorni precedenti: quanti erano i “debolmente positivi” sul totale dei positivi, ad esempio, il 15 maggio? Nessuno lo sa. Non ha senso avere dati così raffazzonati e poco sistematici.

Ma andiamo per gradi e torniamo al primo punto: l’opinione pubblica è stata informata a sufficienza? Nel farci questa domanda non ignoriamo le facili ironie sugli italiani che a fine febbraio si sarebbero tutti trasformati da allenatori della nazionale di calcio in provetti epidemiologi. Lo trovo un appunto stucchevole per uno specifico motivo: per la nazionale non cambia nulla se il pubblico insorge di fronte alla scelta del CT Roberto Mancini di schierare Belotti, Insigne o Immobile: alla fine sarà sempre il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina a scegliere l’allenatore. Mentre nel caso della pandemia saranno poi gli elettori a decidere se e come tenere conto anche della qualità della gestione della crisi ed eventualmente come valutare Conte e Speranza, se premiare o punire Zaia o Fontana nelle urne. Nel caso poi di Lombardia e Veneto saranno oggetto di valutazione anche le performance così diverse di due regioni così simili in quanto contigue, dello stesso ordine di grandezza e colpite dal virus negli stessi tempi (fortunatamente i due governatori sono dello stesso partito così non dobbiamo schierarci in nessuno modo). L’opinione pubblica ha il diritto di sapere se le due situazioni erano davvero simili, se i dati a disposizione del governo e delle regioni erano adeguati e se così non fosse se c’è stato un problema di raccolta o di trasmissione. In qualche caso, lo vedremo, i dati a disposizione delle istituzioni erano più completi di quelli ricevuti dall’opinione pubblica: ma perché abbiamo subito questa opacità? Per disorganizzazione, per dolo, per paternalismo o che altro? Se può essere giusto tenere segreto che Belotti non è stato schierato per un problema alla schiena, visto che non siamo noi a giudicare l’operato di Mancini, io penso che tutti i dati disponibili sulla pandemia dovrebbero essere resi leggibili in modo comodo e tempestivo a beneficio di tutti i cittadini italiani, salvo casi molto particolari e specifici. Di questo e di molto altro parliamo in questa corposa conversazione con Andrea Borruso.


Marco Ardemagni: Presidente cos’è Ondata.it, quando è stata fondata e con quale missione?
Andrea Borruso: onData è un'associazione che promuove l'apertura dei dati pubblici per renderli accessibili a tutti. Si impegna nella promozione di buone pratiche di trasparenza amministrativa e crede nei dati come collante per favorire partecipazione e nuovi percorsi civici e professionali.
È nata nel 2015 e con sede a Palermo. È composta da un gruppo di cittadini sparsi in tutta Italia: giornalisti, sviluppatori, dipendenti pubblici, professionisti, ma soprattutto attivisti.
Realizza progetti sfruttando la tecnologia per promuovere e abilitare la cittadinanza digitale e la partecipazione civica.

Ardemagni: Qual è il giudizio complessivo sulla qualità dei dati forniti dalle istituzioni al pubblico in occasione dell'epidemia di covid-19?
Borruso:
Il giudizio complessivo non è positivo.
È indubbio che quanto messo in piedi dal Dipartimento della Protezione Civile in termini di pubblicazione, aggiornamento e descrizione dei dati è un buon risultato e farà da esempio; questo è forse il risultato più importante, perché avere un riferimento - per il futuro - sarà quasi metà dell’opera.
Ma da inizio marzo ad ora però, troppo spesso cittadini, associazioni, centri di ricerca, giornalisti, ecc. hanno cercato dati di maggiore dettaglio e/o con “tagli” diversi (altre colonne) e/o con frequenza diversa, senza trovarli. Allora sono state fatte lettere aperte, richieste FOIA, campagne social, ecc.  alle quali spesso non si è avuta risposta “adeguata” (sbagliate nel merito, mancate risposte, negative tout court).
Sino ad arrivare a richieste/note come quelle presenti nel documento dell’Accademia dei Lincei di inizio maggio: “Dati pubblici, governo delle epidemie e democrazia”. È dedicato ai dati relativi ai 21 parametri necessari per ottenere per ciascuna regione una classificazione omogenea del rischio, in cui tra le altre cose si afferma “Tutti i dati sull’epidemia devono essere resi pubblici [...], in assenza di trasparenza, ogni conclusione diviene contestabile sul piano scientifico e, quindi, anche sul piano politico”. 
È un documento molto netto, che fa comprendere quanta strada ci sia ancora da fare.


Ardemagni: Partiamo da un aspetto apparentemente marginale, ma su cui voi avete fatto una battaglia: i dati venivano forniti tendenzialmente in pdf. Quali inconvenienti comporta?
Borruso:
I file PDF di inizio marzo erano (e sono) dei comunicati stampa, ovvero qualcosa di creato per essere leggibile dalle persone, con le colonne colorate, doppie e triple intestazioni, note a piè di pagina, ecc.
Un Personal Computer non sa leggere questi file in modo semplice e diretto: si dice infatti che non sono machine readable.
Inoltre veniva prodotto un file “del giorno”, quindi era impossibile leggere le variazioni dei dati nel tempo, che per fenomeni di questo tipo “è il dato”.
Allora abbiamo creato una procedura automatica, che ogni giorno trasformava quei PDF in “tabelle” leggibili da un PC, abbiamo lanciato insieme ad altri una campagna di passaparola che - data l’emergenza - ha funzionato molto bene e tre giorni dopo, oltre i PDF c’erano i file aperti e leggibili del Dipartimento della Protezione Civile. Erano delle “vere” tabelle, corredate da descrizione (i metadati). È evidente che il DPCM stesse lavorando sulla cosa, ma quanto fatto da noi è stato un acceleratore.
Ardemagni: Parliamo ora di quantità e qualità dei dati forniti: per voi affamati di numeri immagino che il primo piatto fosse anche quello più noto a livello popolare, il report quotidiano della Protezione Civile che a lungo è stato accompagnato dalla altrettanto popolare conferenza stampa delle ore 18. Ora il file viene rilasciato senza conferenza stampa.

Borruso: Consentimi su questo di fare una considerazione. È interessante constatare che l'opinione pubblica abbia mostrato più attenzione ai “numeri”, per comprendere un fenomeno. Spesso però ho visto purtroppo anche un atteggiamento simile a chi - durante le Olimpiadi - vuole aggiornarsi sul medagliere.

Ardemagni: Disdicevole. Ma se lo andiamo ad analizzare bene, mi sembra che il report quotidiano della protezione civile, nella sua prima versione sia piuttosto scarno. All’inizio comprendeva solo 5 campi (senza alcun dettaglio se non le regioni dei contagiati):

a) individui attualmente positivi ricoverate con sintomi

b) individui attualmente positivi in isolamento domiciliare

c) individui attualmente positivi in terapia intensiva

d) guariti a oggi

e) deceduti a oggi

Tutti gli altri dati forniti non aggiungevano nulla perché erano facilmente ricavabili dalle somme e differenze di questi cinque campi o dal confronto di questi cinque dati con gli stessi cinque del giorno prima: ad esempio per calcolare gli individui attualmente positivi basta sommare a+b+c o per sapere i contagiati a oggi basta sommare a+b+c+d+e.

Borruso: La cosa interessante della modalità scelta dalla protezione civile, è quella di poter visualizzare tutto lo storico dei dati pubblicati, tutte le variazioni in termini di contenuti, descrizione e schema quindi non solo il dato, ma anche la modifica nel corso del tempo della struttura in cui veniva inserito.
Questo perché la protezione civile pubblica i dati su GitHub, una piattaforma basata sul cosiddetto "versionamento", che memorizza tutte le versioni di un file nel tempo (qui lo storico delle variazioni del file per province del 24 febbraio).


Comunque al primo upload (7 marzo) i dati avevano la struttura che dici. Oggi è invece così, con variazioni soprattutto in termini di leggibilità del dato (che è un fatto sempre utile) senza però integrazioni importanti (specie per i dati provinciali).
Ardemagni: Sì, è vero: ora c’è qualcosa di più. Di fatto, come nuovi dati grezzi sono stati aggiunti soltanto due campi: il numero dei “tamponi” effettuati e i “casi testati” (numero delle persone sottoposte a tampone, che è necessariamente un numero inferiore rispetto a quello dei tamponi, perché molti tamponi sono stati fatti a individui che ne avevano già fatto almeno uno). Gli altri campi aggiunti effettivamente aumentano la leggibilità,  ma ancora erano facilmente ricavabili da operazioni sugli altri campi o sul file del giorno precedente.

Chi volesse approfondire ulteriormente quali altri strumenti e fonti dati istituzionali ha a disposizione?

Borruso: La seconda fonte, anche ben realizzata dal punto di vista grafico è quella pubblicata sulla sezione “Epicentro” dell'Istituto Superiore di Sanità (con dati raccolti dalle regioni). Qui ci vengono forniti alcuni dati che sul report quotidiano non sono presenti (del resto là ci sono solo sette numeri): qui proseguendo la conta dei campi abbiamo 8) il numero di operatori sanitari contagiati; 9) lo stato clinico dei contagiati attualmente positivi (percentuali su una scala di sei stati da severo ad asintomatico); 10) La ripartizione in quattro fasce d’età dei casi; 11) l’età mediana dei casi; 12) la ripartizione per genere dei casi 13) la suddivisione in dieci fasce d’età dei deceduti; 14) la percentuale di ogni fascia d’età sul totale dei deceduti; 15) la letalità per ognuna delle dieci fasce d’età e totale; 16) il numero totale dei casi diviso per provincia (e anche accorpato per regione). 


Ardemagni: Questa infografica è rilasciata quotidianamente? E da quando?

Borruso: È settimanale ed è disponibile da metà marzo, purtroppo, diversamente dal bollettino quotidiano della protezione civile, il pubblico generalista non può reperire direttamente l’archivio storico delle infografiche: può vedere solo l’ultima. Sarebbe meglio rendere disponibili le vecchie versioni. Purtroppo queste comunicazioni sono viste con la vecchia ottica del comunicato stampa e dell’aggiornamento e non sono viste come uno strumento di lavoro e di analisi. Per questo motivo abbiamo provveduto noi a salvare tutte le vecchie versioni dell’intera sezione Epicentro sul web archive. Così che almeno gli analisti dati possano analizzare le versioni storiche di questa infografica e delle due prossime preziose risorse che sto per introdurre.

Ardemagni: Di cosa si tratta? 

Borruso: Sono i due documenti più importanti e si trovano sempre nella sezione Epicentro del sito dell’Istituto superiore di Sanità:

- Epidemia Covid-19 - Aggiornamento nazionale (Report Esteso)

- appendice al bollettino con dettaglio regionale (qui l’ultimo)
Le ultime due versioni disponibili sono rispettivamente di 17 e di 136 pagine.


Questa grafica, ad esempio è tratta dall’aggiornamento nazionale, e qui troviamo ben rappresentato il dettaglio per genere e classe d’età:



Nel “bollettino con il dettaglio regionale” si trovano, ad esempio, i dati suddivisi per comune:




O altri dati a livello regionale:



Ardemagni: Vedo che sono entrambi molto dettagliati. Ci sono moltissimi dati, anche quelli di cui molti sindaci lamentavano la mancanza. Ne cito alcuni: l’incidenza cumulativa (quanti casi per 100.000 abitanti per ogni provincia), i casi con data prelievo/diagnosi nell’ultima settimana, l’incidenza di questi casi (quanti per 100.000) e poi, finalmente, troviamo il famoso indice di riproduzione, che dovrebbe dare il vero polso della situazione sul contagio. Vedo però che a livello regionale è calcolato su pochi casi e con intervalli di confidenza molto molto larghi, mentre in Germania questo indice è aggiornato quotidianamente.  Si potrebbe fare meglio?

Borruso: I problemi che vediamo sono: 1) la frequenza; 2) la tempestività della pubblicazione: in questo momento (sono le ore 14 del 16 giugno), abbiamo bollettini datati 9 giugno che sono stati pubblicati il 12 giugno; 3) la mancanza di reperibilità dei vecchi bollettini: abbiamo dovuto pensarci noi come “hacker civici” a salvare le vecchie versioni del sito Epicentro per avere a disposizione tutte le versioni dei due bollettini: (abbiamo attivato l’archiviazione automatica su Internet Archive), come quella del 26 marzo, trovi anche le fasce di età (certo per il pubblico generalista è piuttosto complesso reperirle); 4) il quarto problema è che purtroppo ancora una volta è tutto in PDF e quindi chi vuole lavorarci e farci delle analisi ha la vita un po’ più dura. A nostro avviso quindi non è un difetto di raccolta o di comunicazione, ma una scelta. 

Va segnalato poi che, comunque, per quanto ricchi non ci sono esattamente tutti i dati che potrebbero servire e poi ci sono alcune regioni che pubblicano soltanto alcuni di questi dati, quindi si sta un po’ alla fortuna; perché non c’è un protocollo condiviso e seguito dalle regioni, quantomeno nelle modalità scelte per la diffusione pubblica dei dati.


Ardemagni: Aggiungo un ulteriore problema, che però affligge anche il primo documento citato: il famoso bollettino della protezione civile, perché è inerente alla raccolta dei dati sul territorio. Per le prime settimane abbiamo dato per scontato che se il 15 marzo ci comunicavano, ad esempio, prendo La stampa del 30 marzo: “Ieri in Piemonte si sono contati 72 decessi, di cui 23 in provincia di Torino” allora questi 72 fossero tutti deceduti nelle ultime 24 ore. Poi, a partire dal 2 maggio, ma molti lo sospettavano già da prima, ci siamo resi conto che moltissimi di questi decessi o nuovi casi si riferivano a qualche giorno prima o addirittura a molti giorni o settimane prima, a volte mesi. Cosa sta alla base di questi caricamenti tardivi di dati relativi ai contagi o ai decessi (come recentemente per la regione Abruzzo e per la Lombardia a partire dal 2 maggio)?

Borruso: Qui mi sembra doveroso inserire il link alla segnalazione sull’Abruzzo fatta da un utente e alla risposta ufficiale del DPCM: “c'è stato un errore di comunicazione dei dati e domani saranno bonificati i dati del 31 in modo che i dati saranno coerenti.

Non si hanno informazioni sui protocolli/procedure informatiche di raccolta e poi di comunicazione di questi dati. Le cause di questi errori di “comunicazione” possono essere quindi le più disparate.

Ardemagni: La tempestività (o la mancata tempestività) e il livello di dettaglio (o lo scarso livello di dettaglio) a cosa va imputato?
Borruso: È stata un’emergenza con dei momenti molto complessi. È un fatto scontato, ma voglio sottolinearlo, perché per una parte, specie nelle prima fasi è stato dovuto anche a questo.
È una domanda che andrebbe girata ai responsabili della macchina informativa dei nodi periferici di trasmissione e raccolta dati; la mia risposta è un’opinione un po’ da bar, perché deriva da commenti che mi sono stati riferiti e dalla mia esperienza di consulente per la Pubblica Amministrazione.
Mi ripeto: penso che dipenda principalmente da un’assenza e/o da una mancata  un’attuazione di un protocollo condiviso, che faccia da standard per tutte le PA coinvolte.

Ardemagni: Ma il vero punto è questo: questo metodo di raccolta e comunicazione di dati è adatto alla gestione di una eventuale nuova ondata che potrebbe presentarsi, almeno inizialmente, con piccoli focolai molto localizzati?

Borruso: Chi gestisce da “dentro” questi focolai è quasi sicuramente messo a conoscenza delle informazioni utili per gestire la cosa. Mentre da “fuori”, le evidenze pubbliche dei dati raccolti ad oggi, specie quelle con taglio più “locale”, sono state e sono spesso poca cosa. Per dati a cui dare evidenza pubblica in questo contesto, quindi non riesco a immaginare un nuovo “passo” informativo.

Ardemagni: Cosa sta succedendo in Lombardia? Siamo in presenza 1) del caricamento tardivo di tanti casi "vecchi"; 2) di tamponi positivi recenti che però si riferiscono a persone “ancora positive”, ma contagiate settimane fa, o 3) sono davvero in corso focolai specifici? Io credo, anche leggendo varie analisi pubblicate sui quotidiani (vedi introduzione a questa intervista), di un misto tra 1) e 2): certo l’incertezza del dato lombardo, specie paragonata con il dettaglio dei casi delle altre regioni fa impressione.
Borruso: La Regione Lombardia ha una dashboard cartografica - in parole semplici una mappa online dedicata alla COVID-19 - alimentata da un sito pubblico, ma non “palese” il cui indirizzo è visibile soltanto guardando il codice HTML della pagina con la mappa (qui ad esempio l’accesso ai dati regionali sui tamponi).
È un sito pubblicamente accessibile, di cui però - ripeto - non è stata evidenza palese.
Contiene i riferimenti a due “tabelle” sui tamponi, una con taglio regionale e un’altra con taglio provinciale, in cui è possibile derivare le date di esecuzione dei tamponi. Questa è un’informazione di gran valore, che non è presente tra i dati del DPCM. Alcuni ricercatori, come Lorenzo Ruffino, ogni giorno analizzano i dati che noi carichiamo da quel sito e, facendo la differenza, attribuiscono le date corrette.
Due elementi da sottolineare: 1) il primo è uno spostamento dei numeri di tamponi nei vari giorni, 2) il secondo è che i dati con taglio provinciale non sono purtroppo più utilizzabili da circa 15 giorni. 



Ardemagni: Probabilmente a livello regionale non si vuole troppo rumore attorno a questa cosa? Questo acuisce quel senso di incertezza a cui mi riferivo

Borruso: Le due cose hanno creato una certa attenzione mediatica. Non ci sono elementi però per fare un reverse engineering che consenta di comprendere quali siano le cause che hanno prodotto questi “aggiustamenti” di date o la rimozione del dettaglio provinciale.
Ma è un’occasione che fa emergere come prerequisito uno dei punti sottolineato dai “Lincei”: “la disponibilità dei dati pubblici è necessaria per poter coinvolgere la comunità scientifica nel governo dell’epidemia”.



mercoledì 30 gennaio 2019

Molto prima di Girardengo

La prima corsa ciclistica sul territorio italiano prese il via da Firenze, alle nove di mattina di mercoledì 2 febbraio 1870 (vedi David V. Herlihy, Bycicle: The History pag. 144)
Diciannove partecipanti per trentatré chilometri: quelli che separavano l'allora capitale del Regno d'Italia da Pistoia. Il vincitore, il sedicenne americano Rynner Van Host, li percorse in due ore e dodici minuti, in sella a una bicicletta francese le cui ruote avevano un diametro di ottacinque centimetri (ma in corsa ce n'erano anche di fattura italiana e con diametri fino a centocinque centimetri).

Nonostante il ciclismo agonistico fosse al debutto, la gara raccolse un notevole concorso di pubblico. Sono riuscito a trovare i due resoconti che La Nazione dedicò all'evento: quello del giorno successivo è un po' lacunoso, manca ad esempio il nome del vincitore, così la testata fiorentina ci torna su ancora due giorni dopo: venerdì 4 febbraio con molti più dettagli, dedicando gran parte di pagina 3 del quotidiano. Curiosamente, nello stesso giorno, viene riportata la notizia di una scommessa tra due sportivi relativa alla sfida di percorrere a piedi, esattamente lo stesso tracciato (Firenze-Pistoia sulla strada per Poggio a Caiano) in cinque ore. Ce l'avrà fatta il signor Roncaglia?
Leggiamo.

Da Cronaca della città - La Nazione, giovedì 3 febbraio 1870 - pag. 3
Ieri mattina un grandissimo numero di persone affrettava il passo fuori la Porta al Prato, e sollevava nembi di polvere sulla strada postale di Pistoia. I pedoni procedevano allegramente sui marciapiedi ai lati della strada, ficcando gli occhi curiosi nella lunga fila di carrozze che correva via verso il centro di San Jacopino, luogo designato alla riunione dei velocipedisti inscritti già da qualche giorno sull'albo del Veloce-Club di Firenze per concorrere ai premi assegnati ai vincitori d'una corsa di bicicli tra la nostra città e quella di Pistoia.
Attraverso gli sportelli delle vetture abbiamo scorto tutti i più allegri ed eleganti giovinotti del nostro Jockey Club, molte belle signore, e molti sportmen forestieri ed indigeni sempre pronti ad accorrere dove c'è uno spettacolo da godere... o una scommessa da arrischiare.
I cavalieri erano in buon numero e montavano superbi cavalli, fra i quali primo il bellissimo morello del marchese De' Piccolellis, o il baio del contino Bastogi.
Non poche le vetture scoperte attaccate a due cavalli che facevano risuonare l'aria dell'allegro tintinnare delle sonagliere e facevano chiaro il disegno di chi v'era dentro, disposto a seguitare gli arditi velocipedisti fino alla meta della corsa.
A pie' del Ponte alle Mosse i membri del Veloce-Club attendevano gl'inscritti, muniti del loro veicolo, innanzi ad una casetta su cui stata inalberato il pennone tricolore che segnava il punto di partenza.
Dei ventitrè concorrenti presentatisi fino ad ieri, diciannove soli hanno effettivamente preso parte alla corsa.
La folla era più spessa lungo í cancelli della magnifica villa di San Donato, alla scesa del Ponte, e specialmente innanzi all'ingresso d'onde era dato scorgere a destra ed a manca un lungo tratto della strada postale.
Dieci minuti innanzi che fosse dato il segnale della partenza le guardie di pubblica sicurezza sí presero cura di arrestare in fila a' due lati della via le numerose carrozze che andavano su e giù per quel luogo e la folla de' pedoni accorsi a godere dello spettacolo.
L'orologio di San Donato scoccava appena i suoi nove colpi quando í velocipedi scomparvero sull'alto del ponte. I bicicli divoravano la strada, confusi però in mezzo alla turba di carrozze che insieme con loro si avviava verso Pistoia.
I giovani che inforcavano la strana cavalcatura erano vestiti succintamente e portavano al braccio un nastro di due colori, distintivo acconcio a farli riconoscere dalle Commissioni del Veloce-Club sparse lungo la via che dovevan percorrere.
Le scommesse più forti s'impegnavano a favore d'un giovanetto americano che ci passò ratto dinanzi tutto intento ad affrettare il corso del suo veicolo, e ci parve giovanissimo, pallido, magrolino, ma svelto, disinvolto e leggiero e adattatissimo a tutte l'esigenze dell'equitare in arundine larga, qual'è appunto, o presso a poco, il moderno velocipede.
Tutti i concorrenti montavano il biciclo.
Vedemmo poco lungi un velocipede a tre ruote e munito di un seggiolo alla parte posteriore, ma non era di quelli che prendevano parte alla gara.
Ci vien detto che i velocipedisti giunsero in poco più di due ore alla meta del loro viaggio e qualcuno ancora articolò il nome dal primo arrivato.
Ma per tema d'incorrere in qualche inesattezza ci riserbiamo di dare domani esatta relazione delle vicende della corsa.
 Ma i dettagli mancanti vengono abbondantemente recuperati il giorno successivo:
Da Cronaca della città - La Nazione, venerdì 4 febbraio 1870 - pag. 3
CORSA DEI VELOCIPEDI.
La Corsa di velocipedi da Firenze a Pistoia ebbe luogo mercoledì come era stato annunziato. Il tempo fu favorevole, e una leggerissima pioggia caduta nelle prime ore della mattina aveva bagnato un poco la polvere della strada, ma non era stata tale da opporre col fango un ostacolo che avrebbe messo a dura prova i muscoli dei velocipedisti.
Si era parlato assai di questa Corsa, si diceva già che da Modena e da Pisa venivano concorrenti, e che il numero degli iscritti superava la trentina. Questo numero poi, come era da aspettarsi, diminuì: e mercoledì mattina una ventina soltanto di velocipedi era sulla strada di Pistoia al punto fissato per la partenza, al Ponte alle Mosse.
Moltissimi curiosi erano venuti a godere di questo nuovo spettacolo. Alcuni di loro, a cavallo o in barroccino si proponevano di seguire la corsa per vederne le varie vicende.
Era stata scelta la strada che passa dal Poggio a Caiano perchè più breve e meno frequentata. In alcuni punti stavano i delegati del Veloce-Club che dovevano vegliare al buon andamento della coma. Al Poggio a Calano tutti i concorrenti dovevano fermarsi a far vidimare il loro biglietto di ammissione.
Alle nove tutti i concorrenti erano al posto loro assegnato. La larghezza della strada non consentiva che fossero collocati tutti di fronte; erano perciò stati disposti su quattro linee con un intervallo di pochi metri fra l'una e l'altra. Dei brevi istanti che necessariamente dovevano decorrere fra le partenze delle varie squadriglie era tenuto conto perché la Commissione Giudicante potesse poi assegnare con piena giustizia i quattro premi stabiliti.
V'erano velocipedi di varie fabbriche e di fogge diverse; i più venuti di Francia, alcuni fatti in Italia. Il diametro delle ruote variava da ottantacinque centimetri a un metro e cinque.
I concorrenti erano tutti in sella. Molti di loro avendo dei veicoli troppo alti per toccar terra col piede, se li facevano sostenere da qualche spettatore benevolo. Altri che avevano avuto la fortuna o l'arte di collocarsi presso il marciapiede puntavano su quello con il piede sinistro. Tutti colle mani sulle impugnature, col piede destro ben piantato sopra il pedale e pronto a dar l'impulso, aspettavano il cenno.
Pochi minuti dopo le 9 suonò la tromba e la prima squadriglia si mosse, seguita quasi immediatamente dalla seconda, dalla terza, della quale facevano parte i più valenti, e dall'ultima. Non tutte le partenze furono felici; qualcuno fu visto colla gamba destra sulla sella e il piede sinistro in terra tentare con vario successo di prendere l'assetto definitivo, ma fu un momento; tutti o per virtù propria o per soccorso altrui vi riuscirono, e mossero rapidamente alla volta di Pistoia.
Mezz'ora dopo partiva da Firenze nella stessa direzione il treno ordinario, portando molti dei componenti il Veloce Club, alcuni altri velocipedisti che meno fiduciosi delle proprie forze, o più amanti del comodo loro, avevano trovato preferibile quel mezzo di trasporto, e molti curiosi che si recavano a Pistoia per vedere l'arrivo.
Il termine della corsa era stato fissato a un quarto di miglio circa dalla porta della città, in faccia a un palazzetto posto gentilmente dal proprietario a disposizione del Veloce-Club, dove stavano i giudici e dove era preparato quanto potesse occorrere ai velocipedisti al loro arrivo.
Un numero immenso di curiosi occupava la strada, si stendeva per un lungo tratto di quella verso Firenze, si arrampicava ai muri e agli alberi per meglio vedere. Molte signore stavano nelle loro carrozze ferme sui lati della via. Dinanzi alla casa era schierata una banda musicale, e la folla era così compatta che i membri del Veloce-Club non ottennero senza fatica un po' di largo, tanto da permettere ai velocipedisti di arrivare fino alla meta senza rallentare la loro andatura.
Erano scorse due ore e dieci minuti dopo la partenza. Già cominciavano a sapersi, da qualcuno arrivato in legno o a cavallo, i nomi di quelli che erano più avanti e chi era pratico del nuovo e tanto combattuto veicolo, prevedeva già prossimo l'arrivo dei primi. A un tratto gli spettatori che stavano in vedetta su per i muri, cominciarono a gridare: Eccolo! eccolo! e poco dopo tutti poterono scorgere da lontano, poco sopra all'ondeggiar delle teste un cappello ornato del distintivo dal Veloce Club che si avanzava senza scosse e con quell'andatura piana e uniforme che distingue il velocipede.
Era il signor Van Hest Rynner, giovinetto Americano, ben noto a quanti frequentano le Cascine sul mezzogiorno, per la straordinaria maestria colla quale si serve del velocipede. Si avanzava assai lentamente e appariva spossato; ma nessuno degli altri si vedeva ancora, ed egli giungeva alla meta in due ore e dodici minuti. Gli amici, i conoscenti che si trovavano sulla strada lo acclamarono, e tutta quella massa di spettatori meravigliata di veder vincere una corsa così lunga a un giovinetto che non mostra di avere più di quindici o sedici anni, proruppe in una salva di applausi unanime e prolungata. Egli montava un velocipede della fabbrica Michaux di Parigi. I cerchioni erano fasciati di caoutchoue, ma la ruota maggiore aveva soltanto ottantacinque centimetri di diametro; era forse la più piccola di tutte.
Quella ruota aveva dovuto, per percorre trentatre chilometri, fare più di dodici mila giri, novanta per minuto, tenendo conto del tempo impiegato. Ed è da notare che ogni giro di ruota suppone la spinta successiva delle due gambe.
Si seppe poi che il signor Van Hest si era spinto avanti a tutti fin da principio, ed era riuscito a conservare sempre il suo posto.
Era appena sceso, che un nuovo grido segnalava l'arrivo di altri. Questi si vedevano da lontano dominar la folla di tutta la testa. Il primo era il signor Augusto Charles montato sopra un velocipede della Compagnie Parisienne, con una ruota di un metro di diametro: il secondo era il signor Alessandro de Sariette e montava un velocipede costrutto a Firenze, la cui ruota aveva un diametro di un metro e cinque centimetri.
Erano a distanza di pochi metri l'uno dall'altro. Giovani alti e robusti ambedue apparivano piuttosto riscaldati che stanchi, e venivano molto rapidamente continuando fino all'ultimo momento la gara.
Erano seguiti a poca distanza dal signor Edoardo Ancillotti, venuto da Pisa per prender parte alla corsa. Il suo velocipede era di fabbrica francese e il diametro della ruota era di un metro. Anche questi tre ebbero la loro parte di applausi.
Dieci minuti dopo arrivava il quinto. Era il signor Gustavo Langlade presidente del Veloce-Club. Egli aveva risparmiato le sue forze, e non mostrava segno di fatica. Seguirono poi gli altri quasi tutti prima che fossero scorse tre ore dopo la partenza. I più di loro, perduta la speranza di vincere, avevano preso un'andatura moderata e non si erano inutilmente stancati. Nessuna disgrazia avvenne. Uno solo giunto a poca distanza da Pistoia cadde, e si fece alcune leggiere contusioni che però lo indussero a seguitare il viaggio in carrozza. Gli altri arrivarono tutti felicemente e tre ore e trentanove minuti fu il limite massimo del tempo impiegato a percorrere l'intero cammino prescritto.
Intanto i quattro vincitori, preceduti dalla banda e seguiti dalla folla, erano entrati trionfalmente in città montati sui loro velocipedi, ed erano andati a fermarsi alla trattoria del Globo.
Sul conferimento del primo e del secondo premio non v'era questione. Per il terzo, sostennero alcuni che potesse pretenderci anche il signor Ancillotti, il quale era stato collocato per la partenza in quarta fila. La Commissione giudicante doveva riunirsi ieri sera per pronunziare definitivamente.
È da notarsi che i quattro vincitori erano arrivati i primi anche al Poggio a Caiano, e vi erano arrivati nello stesso ordine quantunque tre di loro si passassero e ripassassero più volte a vicenda prima di raggiungere la meta.
La popolazione di Pistoia fu in moto e in festa tutto il giorno, e tutti i velocipedisti furono accolti con mille cordiali profferte di ospitalità. Verso sera varii velocipedi percorrevano la città seguiti da torme di ragazzi che accomodandone a modo loro il nome, li chiamavano luciferi... Più tardi un vagone da merci raccoglieva gli strumenti della gara, e i concorrenti e í curiosi se ne tornarono donde erano venuti, i primi ragionando delle varie vicende della lotta e delle cause infinite che avevano potuto ritardare il loro cammino, gli altri contenti di aver passato un'allegra giornata, e grati a chi n'era stato cagione.
Non sappiamo se l'idea di sfidare a piedi lo stesso percorso sia venuta al signor Roncaglia in seguito alla corsa ciclistica. E il cronista de La Nazione non ce lo dice. Fatto sta che su questo tracciato si gioca ben duemila lire (per dire: una copia de La Nazione costava 10 centesimi)
CRONACA DELLA CITTÀ.
Altro che velocipede!... Siamo addirittura agli uomini dal piè veloce, agli Achilli del secolo decimonono... si rinnovano i miracoli d'Atalanta, o lasciando da parte la favola e la mitologia si ripetono a Firenze le meravigliose prove di que' celebri camminatori americani da' garetti d'acciaio, che empirono or non ha molto del loro nome tutti i giornali della grande repubblica.
Il signor Roncaglia, membro del nostro Jockey-Club, si sentì giorni sono così forte in gambe da scommettere che sarebbe andato in cinque ore e senza mai fermarsi da Firenze a Pistoia per la via del Poggio a Caiano.
La scommessa fu tenuta dal signor Sebastiano Martini-Bernardi, uno degli sports-men più emeriti ed eleganti della capitale, che depositò le sue brave duemila lire, e scelse a giudici il conte Spina dí Rimini, e il signor Otley di Firenze.
Martedì a mezzogiorno in punto, il signor Roncaglia partì tranquillamente dalla Porta al Prato, seguito a poca distanza da due carrozze in una delle quali sedevano i due giudici, e nell'altra lo stesso signor Martini.
Trentatre chilometri di strada sono un bel tratto in verità, e non pareva possibile che in cinque ore alcuno riuscisse a percorrerli a piedi nè erano pochi coloro che avrebbero volentieri tenuto le parti del signor Martini.
Infatti sul principiar della prova, tenuto conto dei primi chilometri percorsi in un dato spazio di tempo, si pronosticava che l'ardito camminatore sarebbe venuto meno al difficile compito, e le sue duemila lire correvano gravissimo rischio. Ma grado a grado, e chilometro a chilometro l'esercizio sembrava sciogliere e rafforzare i muscoli del signor Roncaglia, che cominciò ad affrettare il passo, a precorrere le carrozze, a divorare la via, tanto che giunto presso alla mèta del suo viaggio potè rallentare la corsa, e passeggiarsi quasi a diporto gli ultimi tre o quattro chilometri presso Pistoia.
Le cinque pomeridiane non erano ancora scoccate, e il vincitore entrava da Porta Fiorentina nella città del Leoncino. Le duemila lire del signor Martini erano definitivamente perdute!...

giovedì 15 novembre 2018

Non possono avere ragione entrambi: il caso Dijsselbloem un mese dopo

Il caso è arcinoto e ha come protagonisti i media italiani e Jeroen Dijsselbloem (politico olandese ex-presidente dell'Eurogruppo ed ex- presidente del consiglio dei governatori del Meccanismo europeo di stabilità). (Avvertenza: il pezzo è lungo, ma l'appendice si può saltare)

Ora che è passato quasi un mese possiamo finalmente cercare di stabilire una volta per tutte chi aveva ragione. In casi come questi non possono avere ragione tutti e due: Pandora TV ha davvero diffuso una falsa intervista (ripresa dalla pagina Facebook del M5S Europa) oppure la loro era solo un'interpretazione e chi li ha accusati di avere dato una fake news l'ha fatto sbagliando e utilizzando a sua volta una fake news? Giudicate voi. Io il mio parere lo do, nel finale.

Ecco un breve riassunto cronologico dei fatti (l'anno è ovviamente il 2018) in nove brevi capitoli.

- 18 ottobre: Jeroen Dijsselbloem rilascia un'intervista alla CNBC in cui parla dell'Italia (qui);

- 21 ottobre: il magazine online ZeroHedge in un post sul proprio sito a firma Tyler Durden intitolato The European Financial Establishment Just Declared War On Italy  riferendosi all'intervista della CNBC reagisce molto negativamente. Altri siti, come il Newropeans-magazine (qui), con titoli analoghi, il 22 ottobre rincarano la dose paragonando, tra le altre cose, Dijsselbloem a un boss della mafia "Like a mafia boss";

- 24 ottobre: Pandora TV pubblica (riprendendo quasi esattamente il titolo di ZeroHedge)
L'establishment europeo dichiara guerra al popolo italiano un servizio video di 1:21 (81 secondi) a firma Aurora Whitney, (immaginiamo che anche la voce fuori campo sia la sua) in cui si parla ancora in termini negativi e preoccupati dell'intervista a Dijsselbloem alla CNBC. Le immagini che scorrono all'inizio del servizio sono proprio quelle della CNBC, ma l'audio originale è coperto dalla voce fuori campo. La pubblicazione, anche sulla pagina Facebook di Pandora TV, provoca un'ondata di commenti indignati contro Dijsselbloem da parte del pubblico italiano;

- 26 ottobre: Il sito Butac in un post dal titolo Nooo, non sono fake news (qui) accusa Pandora TV di "manipolazione dei fatti" e che "nell'intervista della CNBC le cose che vengono dette sono differenti";

- 30 ottobre: La pagina Facebook "M5S Europa" (pagina ufficiale dei Portavoce M5S in Europa), pubblica il video di Pandora TV, provocando una nuova ondata di commenti indignati contro Dijsselbloem;

- 1 novembre: Il Post (qui) pubblica un pezzo intitolato Il M5S ha diffuso un’intervista inventata a Jeroen Dijsselbloem. Inizialmente non vengono citati né Pandora TV (come origine del video), né Butac come primo sito a notare la discrepanza tra testo del servizio e intervista della CNBC, poi queste informazioni vengono aggiunte;

- 2-3 novembre: Molti media italiani riprendono l'articolo del Post (ne cito soltanto due: Corriere.it Il video fake su Dijsselbloem, il M5S e i contatti con Pandora Tv di Giulietto Chiesa) e ilGiornale.it Ecco chi ha creato il video falso su Dijsselbloem;

- 8 novembre: Giulietto Chiesa, che coordina la redazione multimediale di Pandora TV, si difende dalle accuse di manipolazione e le ribalta contro i suoi detrattori in un video intitolato Processato dai nani e dalle ballerine lungo 14:00 (ma di fatto solo i primi 4 minuti circa sono dedicati al caso Dijsselbloem).

- 11 novembre: la trasmissione satirica olandese Zondag met Lubach, prende platealmente in giro i protagonisti della vicenda e in particolare Pandora TV in uno sketch di 6:49 reperibile qui.

Il momento-chiave è però il penultimo passaggio: il capitolo 8 del nostro riassunto cronologico.

All'inizio del suo lungo messaggio Giulietto Chiesa dice:
"hanno creato e ripetuto tutti insieme un falso, una fake news accusando me di avere falsificato l'intervista di Jeroen Dijsselbloem (...). È facile dimostrare questa falsità: chiunque vuole può farlo da sé andando a vedere su Pandoratv.it ciò che abbiamo pubblicato: è facilissimo, sta lì nell'archivio. Non c'è traccia della sua intervista: noi non abbiamo pubblicato la sua intervista. Noi non abbiamo pubblicato neanche stralci della sua intervista. Noi non abbiamo pubblicato nessuno stralcio, nessun pezzo, nessuna frase della sua intervista. E sfido chiunque a dimostrare il contrario e a esibire una qualunque prova di una qualunque nostra traduzione di quella intervista. Non c'è un testo che è stato falsificato perché non c'è un testo. Noi abbiamo dato notizia di quella intervista e abbiamo fatto un commento che ritenevamo e riteniamo appropriato ai suoi contenuti reali non al pastrocchio di frasi diplomatiche che lui ha inventato. Noi abbiamo interpretato quello che lui ha detto e la nostra interpretazione la condividiamo tuttora: si tratta di frasi gravi, di allusioni inammissibili, minacciose nei confronti del popolo italiano. Così sono le cose". (La grassettatura è mia)

Problema 1: Ora, invece, contrariamente a quello che dice Giulietto Chiesa, è piuttosto semplice raccogliere la sfida di Chiesa e dimostrare che il servizio di Aurora Whitney era confezionato in modo tale che alcuni passaggi (che, lo ricordo, il fruitore non leggeva, ma ascoltava solo dalla voce fuori-campo) sembrassero assolutamente dei virgolettati di Dijsselbloem solamente tradotti. Il servizio della Whitney è piuttosto breve (soli 81 secondi) quindi non è difficile postarlo per intero (lo facciamo qui sotto) sottolineando la presenza, su meno 200 parole totali, di almeno un paio frasi, con chiari marcatori che inducono nettamente nello spettatore la falsa sensazione (per analogia con migliaia di altri servizi sentiti nella propria vita) di stare ascoltando delle vere e proprie dichiarazioni di Dijsselbloem, cioè dei virgolettati:

"Jeroen Dijsselbloem, ex presidente dell’Eurogruppo e ora consigliere strategico del meccanismo europeo di stabilità, in un’intervista all’emittente televisiva americana CNBC, invita apertamente i mercati a lanciare un attacco alle finanze italiane, spiegando loro anche come devono fare. E cioè orchestrando un danno ai titoli italiani, facendo così salire gli interessi sul debito all’Italia. Non potendo usare il metodo-Grecia poiché lo stato italiano ha da anni un avanzo commerciale migliore addirittura di quello francese e il paese non dipendente da finanziamenti esteri per le sue esigenze, Dijsselbloem spiega che l’unico modo è dare ordine a Draghi e alla BCE di far salire lo spread per portare al fallimento le banche italiane già riempite di titoli di stato. Il popolo italiano, aggiunge Dijsselbloem, deve percepire la distruzione dell’economia italiana e il crollo delle banche come un’implosione, così – aggiunge il consigliere del fondo salva-stati – si spera che la correzione inizi a venire dall’interno del paese. Si domanda ZeroHedge prestigiosa online americana che ha ripreso l’intervista: “in questa intervista l’ex-ministro olandese ha segnalato che le autorità europee non avrebbero nulla contro un colpo di stato a Roma o stava semplicemente suggerendo a qualcuno di farla finita con Matteo Salvini?"

Ora quindi io non punto il dito contro le interpretazioni di Pandora TV, che pure vanno largamente aldilà del testo di Dijsselbloem, su questo punto diciamo che accetto la spiegazione di Chiesa (è un'interpretazione, non una traduzione dell'intervista), ma quei due passaggi (grassettati da me) del servizio della Whitney sono chiaramente (volutamente? non lo so) ma chiaramente fuorvianti, non ci sono santi: chiunque dotato di un minimo di comprendonio se sente pronunciare queste parole: "Il popolo italiano, aggiunge Dijsselbloem, deve percepire la distruzione dell’economia italiana e il crollo delle banche come un’implosione" dà per scontato che questo sia uno stralcio dell'intervista;

Problema 2: Il servizio di Pandora TV arriva 4-5 giorni dopo quello di ZeroHedge e delle altre riviste internazionali. Però ne clona il titolo (senza citarli direttamente se non nella citazione finale) e - cosa ben più grave - mentre gli altri articoli di attacco a Dijsselbloem, come quello di ZeroHedge, perlomeno riportano dei veri virgolettati di Dijsselbloem, sia pure per stroncarl in modo molto documentato, il servizio di Pandora TV, per ammissione dello stesso Chiesa, non riporta un solo stralcio di ciò che ha testualmente detto Dijsselbloem: si tratta quindi di un servizio copiato e copiato male;

Problema 3: La pagina Facebook del M5S Europa, lungi dal segnalare che quelli di Pandora TV non hanno  "pubblicato nessuno stralcio" dell'intervista (forse i M5S non lo sanno, perché sono caduti nell'errore come quasi tutti) commentano l'intervista come fosse uno sbobinato e invece ora tutti sappiamo che è soltanto un'interpretazione. Ma Chiesa, una volta svelato l'arcano, non chiede scusa al M5S che lui e la Whitney hanno indotto all'errore e invece se la prende con i media che avrebbero travisato e attaccato la sua operazione;

Problema 4: Si lega al punto 2: sembra chiaro che esiste una sorta di centrale di contro-informazione anti-europeista (nulla osta per quanto mi riguarda). Il problema è che poi contenuti vengono ripresi apoditticamente, quasi senza citazione e attraverso un taglia-incolla addirittura peggiorativo (il pezzo di ZeroHedge, l'originale attacco, come dicevamo, è migliore del pezzo di Pandora TV in quanto almeno contiene le citazioni originali).

Problema 5: Resta poi da sottolineare con un sorriso, il passaggio in cui Chiesa bolla come "un pastrocchio di frasi diplomatiche che lui [Dijsselbloem n.d.r.] ha inventato" il testo originale di Dijsselbloem, mentre la sua "interpretazione", cioè quella di Pandora, sarebbero commenti ai "contenuti reali".

Ma è quello che abbiamo indicato come "Problema 1" quello veramente insormontabile. Il servizio di Pandora TV, indipendentemente dai contenuti, era TECNICAMENTE confezionato in modo fuorviante. Game, set, match: Pandora TV ha sbagliato.

Appendice: (non serve leggerla se non per gli appassionati veri) - Questo è lo sbobinato dell'intervista della CNBC a Dijsselbloem (ci sono solo le sue risposte, non le domande degli intervistatori) mi scuso per qualche eventuale errore nella sbobinatura.

It is pretty worrisome, there is going to be confrontation and I think the commission has no choice then to accept that confrontation and to take it, but it is not going to be just the commission, there will also have to be a role for the Banking authority, banking supervisor to look at what this does to the Italian banks and we have already seen their stock valuation are going down and there is gonna be a role for the markets, I mean if you look at what Italy need in funding next year alone we are talking about over 250 billion Euros, refinancing part of the stock of their debt and also, of course, these new spending plans. So markets will really have to look at that very critically.

No, it's very different, we are in a different era, of course the Greek crisis had the huge risk that it would contaminate the rest of the Eurozone and create a lot of scare around the Eurozone and the Eurozone banking system. Italy to some extent of course, Italy is much bigger in its size, its economy but because it is also bigger it is also financing itself to a large extent. For example the soveraign debt is, for the majority part, held by Italian investors, Italian hedging funds, Italian banks. There is a downside and a good side to that. The downside is that if there is an implosion, if there is trouble, it hits the whole home economy the good side is that the only way to get out of this is for Italy to realize that, Italian retail costumers, voters to understand that and then the correction hopefully will also start coming from the inside.

Yeah, so I think that that is a real risk, I think that looking at what they put on the table the commission really has no option than to send it back, which by the way is not the end of the process, but the start of the process, normally there will then be sort of negotiations, pushing and shouting between Brussels and the member state, my sense is that it is up to the commission on its own, if the pressure just come from the commission, then that could be not enough so that is why I think it is important that the banking authorities are involved because of course it puts pressure on the bank when you talk about the real economy.

Well actually the previous government did quite a bit of work starting in 2016: late but they started it. The biggest banks are I would say are in pretty good shape. There are very many banks in Italy and there is still quite a stock of non performing loans, so they are working on getting rid of that and they really need a couple of years to pick up growth and stability to sort out all this legacy issues and now they don't have that because growth is dropping again which means that the NPL stock increases again, so it is very very risky to this restructuring process of the banking sector what is happening now in the political arena.



martedì 31 luglio 2018

Cose così strane da non esistere proprio

Molte delle più celebrate trame di fantascienza (e dintorni) da E.T. a Stranger Things (nella foto) si basano su di un vecchio trucchetto da oratorio che a quanto pare funziona ancora: quello di inserire in un ambiente apparentemente normale un elemento sovrannaturale e poi di sfruttare la discrepanza tra i personaggi (del tutto razionali secondo ogni parametro civile, ma che nella trama fanno la figura degli scemi) che non conoscono l'origine sovrannaturale di ciò che sta accadendo e quelli (che nella trama appaiono molto più "furbi") che credono all'origine sovrannaturale dei fenomeni (o perché particolarmente creduloni o perché, nella trama, hanno assistito ad avvenimenti che nella realtà non possono esistere).

Ovviamente noi spettatori veniamo indotti a parteggiare per questi ultimi, ma è come se, in una partita con le carte truccate, fossimo indotti a fare il tifo per chi conosce perfettamente come sono stati tolti i fanti e raddoppiati gli assi nel mazzo.


Io non ho nulla contro la fiction che narra eventi di fantasia, ma plausibili, in un ambiente simile a quello della realtà, come, (per citarne due totalmente a caso in una massa sterminata di trame) La coscienza di Zeno o Io e Annie e nemmeno contro il caso totalmente opposto, quello di trame completamente fantastiche che si svolgono in un ambiente totalmente inventato le cui regole ci si chiariscono man mano come Biancaneve e i sette nani o Star Wars. Quello che mi sembra alla fin fine un espediente misero, ma - ahimè - perfettamente funzionante, è quello di fare la via di mezzo: 1) inserire un elemento fantastico in un ambiente simile quello della realtà e poi, ed è soprattutto è questo che mi dà fastidio, 2) di giocarsi tutta l'energia narrativa derivante da una sorta di sfida concettuale tra le persone "normali" che non credono alla puttanata deliberatamente inventata dagli autori (es. un extraterrestre che vuole tornare a casa, oppure il demorgorgon che vive nell'upside down) e i personaggi "fighi" che invece abboccano a questa invenzione (e grazie al cazzo che ci credono, sono stati inventati dagli stessi autori della puttanata).

domenica 29 luglio 2018

Campioni del mondo (con la nazionale) divisi per club

Quali club hanno avuto tra le proprie fila il maggior numero di campioni del mondo (con le rispettive nazionali)?

Recentemente è uscito un articolo sul sito ufficiale della Uefa con il numero dei giocatori campioni del mondo con la propria nazionale suddivisi per club di appartenenza.

Purtroppo (oltre a considerare solo "le prime" dieci squadre) quell'articolo contiene diversi errori (che abbiamo provveduto a segnalare). Ad esempio si erano totalmente dimenticati il San Paolo (che dovrebbe stare al nono posto). E si erano dimenticati di due giocatori del Barcellona come Xavi e Pedro che porta il totale dei catalani a dodici (invece di dieci). Inoltre in quell'articolo è stata operata l'opinabile scelta di contare soltanto un campionato mondiale per ogni giocatore. Così, ad esempio, Pelé, che ha vinto tre mondiali, porta in dote (nel conteggio Uefa) solo un mondiale al Santos. Non è chiaro cosa avrebbero fatto nel caso di un eventuale cambio di squadra di Pelé: avrebbero fatto +1 anche per la nuova squadra o avrebbero perseverato nella scelta di considerare solo un mondiale, e quindi la squadra del primo, per ogni giocatore?

Va
 detto che, come è noto, la Uefa non è la confederazione che organizza il torneo (essendo la World Cup organizzata dalla Fifa) in ogni caso non dovrebbero essere presenti tanti errori in un articolo sull'organo ufficiale di una confederazione continentale come la Uefa.

Qui sotto c'è l'elenco "vero" dei campioni del mondo divisi per squadra.

Per ogni squadra si vede innanzitutto il totale (per il quale abbiamo ordinato l'elenco). 

Poi tra parentesi la suddivisione per tipologia (rispetto alla partita di finale dei mondiali)
- Il primo numero tra parentesi si riferisce ai giocatori che hanno disputato una finale da titolari;
- il secondo sono i subentrati in una finale (a volte sono molto importanti: Alessandro Altobelli nel 1982 non solo giocò dal settimo minuto al posto di Graziani, ma fu il primo a segnare in una finale mondiale essendo partito dalla panchina. Ancora meglio, se vogliamo, fece Mario Götze che, subentrato all'88' segnò il gol decisivo nei supplementari nel 2014. Anche Daniele De Rossi e Alessandro Del Piero, da subentrati, nel 2006 tirarono due dei rigori decisivi;
- il terzo numero indica la partecipazione alla partita decisiva del 1950 (il famoso Maracanazo: Uruguay-Brasile 2-1). Quello del 1950 fu l'unico mondiale senza una vera e propria finale (c'era la formula a girone con quattro squadre, ma fu una sorta di finale "di fatto". In ogni caso è stato conteggiato a parte per gli undici uruguaiani che vi parteciparono
- il quarto numero indica quei giocatori che erano in rosa, ma che non disputarono la finale. Alcuni di loro disputarono altre partite del torneo, come Alberto Gilardino (che pure segnò contro gli Stati Uniti) o Cristian Zaccardo e Alessandro Nesta nel 2006, altri non scesero mai in campo, come Franco Baresi o Selvaggi nel 1982, ma possono comunque fregiarsi del titolo di campioni del mondo): in ogni caso questa distinzione non è stata operata nei conteggi.

1 Juventus ITA 25 (20, 1, 0, 4)
2 Bayern Monaco GER 24 (16, 3, 0, 5)
3 Inter (inclusi Ambrosiana-Inter) ITA 20 (13, 1, 0, 6)
4 Roma ITA 16 (10, 1, 0, 5)
5 Santos BRA 15 (8, 0, 0, 7)
6 Peñarol URU 14 (2, 0, 5, 7)
7 Nacional Montevideo URU 13 (4, 0, 3, 6)
8 Barcellona ESP 12 (10, 0, 0, 2)
9 San Paolo BRA 12 (1, 1, 0, 10)
10 Botafogo BRA 11 (9, 0, 0, 2)
11 Real Madrid ESP 11 (7, 0, 0, 4)
12 Milan ITA 10 (5, 0, 0, 5)
13 Colonia GER 9 (5, 0, 0, 4)
13 Palmeiras BRA 9 (5, 0, 0, 4)
15 River Plate ARG 8 (7, 0, 0, 1)
16 Corinthians BRA 8 (2, 1, 0, 5)
17 Fiorentina ITA 8 (2, 0, 0, 6)
18 Arsenal ENG 7 (2, 3, 0, 2)
19 Flamengo BRA 7 (2, 1, 0, 4)
19 Independiente ARG 7 (2, 1, 0, 4)
21 Fluminense BRA 7 (2, 0, 0, 5)
22 Borussia Dortmund GER 7 (1, 0, 0, 6)
23 Borussia M'gladbach GER 6 (3, 0, 0, 3)
24 Paris Saint-Germain FRA 6 (2, 0, 0, 4)
25 Kaiserslautern GER 5 (5, 0, 0, 0)
26 Bologna ITA 5 (4, 0, 0, 1)
27 Chelsea ENG 5 (3, 1, 0, 1)
28 Cruzeiro BRA 5 (2, 0, 0, 3)
28 Lazio ITA 5 (2, 0, 0, 3)
30 Liverpool ENG 5 (1, 1, 0, 3)
31 Monaco FRA 5 (1, 0, 0, 4)
31 Schalke 04 GER 5 (1, 0, 0, 4)
33 Olympique Marsiglia FRA 5 (0, 1, 0, 4)
34 Vasco da Gama BRA 4 (3, 0, 0, 1)
35 Manchester Utd ENG 4 (3, 0, 0, 1)
36 Eintracht Francoforte GER 4 (2, 0, 0, 2)
37 Palermo ITA 4 (1, 0, 0, 3)
38 Valencia ESP 4 (1, 0, 0, 3)
39 Stoccarda GER 3 (3, 0, 0, 0)
40 West Ham Utd ENG 3 (3, 0, 0, 0)
41 Boca Juniors ARG 3 (2, 0, 0, 1)
42 Bella Vista URU 3 (2, 0, 0, 1)
43 Huracán ARG 3 (1, 1, 0, 1)
44 Auxerre FRA 3 (1, 0, 0, 2)
45 Grêmio BRA 3 (1, 0, 0, 2)
46 Portuguesa BRA 3 (1, 0, 0, 2)
47 Talleres de Córdoba ARG 3 (1, 0, 0, 2)
48 Triestina ITA 3 (1, 0, 0, 2)
49 Atletico Cerro URU 3 (0, 0, 2, 1)
50 Werder Brema GER 3 (0, 0, 0, 3)
51 Atlético Madrid ESP 2 (2, 0, 0, 0)
52 Deportivo La Coruña ESP 2 (2, 0, 0, 0)
53 Central Fútbol Club URU 2 (0, 0, 1, 1)
54 Lione FRA 2 (1, 1, 0, 0)
55 Amburgo GER 2 (1, 0, 0, 1)
55 Argentinos Juniors ARG 2 (1, 0, 0, 1)
55 Atlético Mineiro BRA 2 (1, 0, 0, 1)
55 Bangu BRA 2 (1, 0, 0, 1)
55 Bayer Leverkusen GER 2 (1, 0, 0, 1)
55 Blackpool ENG 2 (1, 0, 0, 1)
55 Fortuna Düsseldorf GER 2 (1, 0, 0, 1)
55 Leeds Utd ENG 2 (1, 0, 0, 1)
55 Napoli ITA 2 (1, 0, 0, 1)
55 Newell's Old Boys ARG 2 (1, 0, 0, 1)
55 Norimberga GER 2 (1, 0, 0, 1)
55 Parma ITA 2 (1, 0, 0, 1)
55 Rampla Juniors URU 2 (1, 0, 0, 1)
55 San Lorenzo ARG 2 (1, 0, 0, 1)
55 SpVgg Fürth GER 2 (1, 0, 0, 1)
55 Tottenham ENG 2 (1, 0, 0, 1)
71 Siviglia ESP 2 (0, 2, 0, 0)
72 Sampdoria ITA 2 (0, 1, 0, 1)
72 Udinese ITA 2 (0, 1, 0, 1)
74 Athletic Bilbao ESP 2 (0, 0, 0, 2)
74 Genoa (allora Genova 1983) ITA 2 (0, 0, 0, 2)
74 Racing Club ARG 2 (0, 0, 0, 2)
74 Danubio URU 2 (0, 0, 0, 2)
74 Montevideo Wanderers URU 2 (0, 0, 0, 2)
79 Atlético Nacional COL 1 (1, 0, 0, 0)
79 Atlético Paranaense BRA 1 (1, 0, 0, 0)
79 Bordeaux FRA 1 (1, 0, 0, 0)
79 Everton ENG 1 (1, 0, 0, 0)
79 Fulham ENG 1 (1, 0, 0, 0)
79 Leicester City ENG 1 (1, 0, 0, 0)
79 Lucchese ITA 1 (1, 0, 0, 0)
79 Nantes FRA 1 (1, 0, 0, 0)
79 Olimpia Montevideo URU 1 (1, 0, 0, 0)
79 Racing Club Montevideo URU 1 (1, 0, 0, 0)
79 Reggiana ITA 1 (1, 0, 0, 0)
79 Rot-Weiss Essen GER 1 (1, 0, 0, 0)
79 Vélez Sarsfield ARG 1 (1, 0, 0, 0)
79 Villarreal ESP 1 (1, 0, 0, 0)
93 Betis Siviglia ESP 1 (0, 1, 0, 0)
93 Elche ESP 1 (0, 1, 0, 0)
95 América MEX 1 (0, 0, 0, 1)
95 BC Augsburg GER 1 (0, 0, 0, 1)
95 Cagliari ITA 1 (0, 0, 0, 1)
95 Estudiantes ARG 1 (0, 0, 0, 1)
95 Ferro Carril Oeste ARG 1 (0, 0, 0, 1)
95 FK Pirmasens GER 1 (0, 0, 0, 1)
95 Friburgo GER 1 (0, 0, 0, 1)
95 FSV Frankfurt GER 1 (0, 0, 0, 1)
95 Hannover 96 GER 1 (0, 0, 0, 1)
95 Kashima Antlers JPN 1 (0, 0, 0, 1)
95 KSV Hessen Kassel GER 1 (0, 0, 0, 1)
95 Lecce ITA 1 (0, 0, 0, 1)
95 Livorno ITA 1 (0, 0, 0, 1)
95 Manchester City ENG 1 (0, 0, 0, 1)
95 Metz FRA 1 (0, 0, 0, 1)
95 Miramar Misiones URU 1 (0, 0, 0, 1)
95 Pisa ITA 1 (0, 0, 0, 1)
95 Sheffield Weds ENG 1 (0, 0, 0, 1)
95 Shimizu S-Pulse JPN 1 (0, 0, 0, 1)
95 Southampton ENG 1 (0, 0, 0, 1)
95 Torino ITA 1 (0, 0, 0, 1)
95 Wolverhampton ENG 1 (0, 0, 0, 1)

Per le prime squadre ecco l'elenco dei nomi: in corsivo quelli che non disputarono la finale, con (s) sono indicati i subentrati, con un asterisco i partecipanti alla partita conclusiva dei mondiali del 1950, mentre sono sottolineati i nomi del calciatori che avevano già vinto un mondiale in precedenza.

Juventus (25): Bertolini, Varglien, Caligaris, Borel, Combi, Ferrari, Monti, Orsi e Rosetta (1934); Foni e Rava (1938); Zoff, Cabrini, Gentile, Scirea, Tardelli e Rossi (1982); Deschamps e Zidane (1998); Buffon, Cannavaro, Del Piero (s), Camoranesi e Zambrotta (2006); Matuidi (2018)
Bayern Monaco (24): Bauer (1954); Breitner, Schwarzenbeck, Maier, Beckenbauer, Muller, Hoeness, Kapellmann (1974); Reuter (s), Kohler, Augenthaler, Aumann, Thon, Pflügler (1990); Jorginho (1994); Lizarazu (1998); Neuer, Schweinsteiger, Muller, Lahm, Kroos, Götze (s), Boateng (2014); Tolisso (s) (2018) 
Inter (20): Allemandi, Castellazzi, Demaria, Meazza (1934); Ferrari, Ferraris, Locatelli, Olmi, Meazza (1938); Bergomi, Marini, Bordon, Oriali, Altobelli (s) (1982); Matthaus, Klinsmann, Brehme (1990); Djorkaeff (1998); Ronaldo (2002); Materazzi (2006)
Roma (16): Ferraris, Guaita, Masetti (1934); Donati, Masetti, Monzeglio, Serantoni (1938); Conti (1982); Voller, Berthold (1990); Aldair (1994); Candela (1998); Cafu (2002); De Rossi (s), Perrotta, Totti (2006)
Santos (15): Pepe, Zito, Pelè (1958); Gilmar, Mauro, Pepe, ZitoCoutinhoPelèMengalvio (1962); Carlos Alberto, Clodoaldo, Joel, EduPelé (1970)
Peñarol (14): Riolfo, Gestido, Fernandez, Capuccini, Anselmo (1930); Schiaffino*, Britos, Ghiggia*, Gonzalez, Maspoli*, Miguez*, Ortuño, Varela*, Vidal (1950)
Nacional de Montevideo (13): Scarone, Urdinarán, Andrade, Castro, Cea, Petrone, Piriz, Recoba (1930); Gambetta*, Paz, Perez*, Pini, Tejera* (1950)
Barcellona (12): Romario (1994); Rivaldo (2002); Piqué, Puyol, Busquets, Iniesta, David Villa, Xavi, Valdes (2010); Umtiti, Dembélé (2018)   
San Paolo (12): Dino Sani, Mauro, De Sordi (1958), Bellini, Jurandir (1962), Gérson (1970), Zetti, Cafu (s), Müller (1994) Belletti, Rogério Ceni, Kaká (2002) [Leonardo passa ai Kashima Antlers il 1 luglio 1994]
Botafogo (11): Didi, Garrincha, Nilton Santos (1958), Didi, Garrincha, Nilton Santos, Amarildo, Zagallo (1962), Jairzinho, Roberto, Paulo César
Real Madrid (11): Netzer (1974); Valdano (1986); Karembeu (1998); Roberto Carlos (2002); Casillas, Sergio Ramos, Albiol, Xabi Alonso, Arbeloa (2010); Khedira (2014); Varane (2018) 
Milan (10): Arcari (1934); Collovati, Baresi (1982); Desailly (1998); Roque Junior (2002); Nesta, Gattuso, Gilardino, Pirlo, Inzaghi (2006)

Casi particolari: David Villa viene trasferito nella sessione estiva del 1994 dal Valencia al Barcellona. Teoricamente gli scambi avvengono considerati a partire dal primo luglio pertanto viene attribuito al Barcellona, perché la finale venne disputata dopo tale data. Fulvio Collovati è protagonista di un trasferimento analogo nell'estate del 1982. Annunciato il 26 maggio, prima dell'inizio del mondiale: eppure nel suo caso, diversamente da David Villa, i file Fifa lo considerano ancora un giocatore del Milan, anche se la finale venne disputata l'11 luglio 1982.
Un ultimo caso è quello di Leonardo: anche lui passò nell'estate dei mondiali dal San Paolo ai giapponesi del Kashima Antler. Nel suo caso, analogamente a David Villa e diversamente da Collovati, si considera la squadra di destinazione: i Kashima Antler.
Si tratta in ogni caso di tre casi da considerare: occorrerebbe conoscere la data di valenza del contratto di trasferimento, ai fini puramente statistici.